Kubbe

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Gli esperti di letteratura per l’infanzia conosceranno certamente questo libro. Alcuni dei nostri lettori invece, appassionati di musei, antropologia, storia e argomenti affini, probabilmente non l’hanno mai visto. Dedicato alla prima-infanzia, questo libro racconta la storia di un tronchetto di legno bambino che ama raccogliere oggetti, catalogarli, archiviarli, … per poi decidere di esporli, creando un vero e proprio museo. A giudizio di chi scrive, questo libro è anche un manuale di museologia. Ogni frase, volendo, potrebbe essere oggetto di una dissertazione su un particolare aspetto del mondo dei musei; dalla promozione, all’allestimento, fino alla proposta di un museo digitale. Non ho le competenze per fare un recensione del libro in quanto libro per bimbi, ma solo per consigliarlo come libro per museologi… (Se siete esperti di letteratura per l’infanzia e volete darci il vostro contributo, scriveteci a curatori@museodellecose.org). D’altra parte, è anche leggendo questo libro che ci è venuta voglia di creare il museo delle cose. La sfida è aperta, chi volesse ospitarci per una bella chiacchierata dal titolo “Cos’è e come si fa un Museo”, sappia che useremo le pagine di questo libro come presentazione. 

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Cose che parlano di noi

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cosecheparlanodinoiDodici case nella stessa via di South London, dodici persone con storie diverse da raccontare. L’antropologo Daniel Miller, autore del libro, indaga insieme alla sua collaboratrice la complessa relazione tra oggetti di uso quotidiano e persone. La ricerca porta alla luce emozioni, ricordi, tradizioni e grandi dolori. Tra le pagine si trova il modo di guardare le “cose” con occhi diversi, di capire in che modo riescano ad esprimere la personalità di chi le possiede. In questo modo gli oggetti non rimangono solo beni materiali senza alcun valore, ma si trasformano in uno strumento indispensabile per poter scavare a fondo nelle dinamiche interpersonali che si riflettono nella società contemporanea. Fotografie, decorazioni di natale, computer, libri: gli oggetti sono spesso un trait d’union che ci lega indissolubilmente ad altre persone e la loro presenza, ma allo stesso modo anche la loro assenza, può raccontare tutto su di noi.

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